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Il cerotto sul naso

Sulle rive dell'Adda, infossato nella radura lodigiana e nella nebbia densa, esiste un locale con i tavoli di legno, le panche e una barca che ti accoglie all'ingresso. L'atmosfera è quella rude e tetra delle reti da pesca appesa alle pareti e degli acquari con i pesci vecchi di cinquant'anni, l'odore putrido di acque torbide è quello che ti arriva da fuori, oltre le vetrate e si accentua con il caldo afoso dell'estate.

Non è mai cambiato niente.

La signora alla cassa ha sempre la stessa permanente bionda di vent'anni fa, con i riccioli grossi che cadono sotto le spalle, mi ricorda la signora Flax e mi aspetto che ad un certo punto esca da dietro il bancone con un vestito da sirena.
If you wanna be happy di Jimmy Soul diventa una colonna sonora gracchiante, i pesci muovono le branchie a ritmo di musica e i camerieri si avventano saltellando per un'ordinazione veloce e poco dietetica.

Ci incontriamo sempre qui, noi tre, ed è come se il tempo non passasse mai. Siamo le amiche delle medie, siamo quelle che si sono perse negli anni, siamo quelle che se ne sono andate a spasso un po' per tornare sempre qui, dove il fiume puzza e le zanzare ti uccidono anche l'anima.

Parliamo così tanto che le nachos diventano fredde senza essere mai state mangiate. Ci sono pezzi di vita che hanno la priorità su tutto, persino sul cibo. Cosa facciamo sempre, cosa vorremmo fare e cosa non faremo mai. Un totale di tre ore e mezza di parole senza pausa WC.
Sempre noi. Il tempo è solo una raccolta di immagini in vita.

Ho tutti questi ricordi e non so come riordinarli.

Siamo legate da tutto quel mondo ormonalmente crudele che si chiama adolescenza, il periodo dove ogni giorno c'è una prima volta che rimbomba nello stomaco.

Il primo voto brutto (solo per me, perchè loro erano sempre bravissime)
La prima gita.
La prima libertà.
Le prime pazzie.
Le prime risate veramente stupide.
Le prime trasgressioni.
La prima frangia alzata con il phon.
I primi segreti.
La prima volta che dico prima volta per tutto quello che dopo verrà.
Le prime volontà e le prime decisioni.

Come se non fosse già abbastanza dover lottare ogni giorno.

Mi ricordano che avevo delle belle gambe (da non credere) ma in compenso giravo spesso con un cerotto sul naso, perchè lo preferivo alla visione dei brufoli che spuntavano sempre lì.
Io mi sentivo tanto come la strega di Biancaneve e il brufolo era meglio averlo sul culo anzichè sul viso.

Essere ridicole in quel modo lì, così naturale, fa quasi tenerezza.

Io senza di loro non andavo da nessuna parte.

E. e L. erano geniali, quanto io non lo sarei mai stata, acute e intuitive, un passo avanti ai cervelli di tutti i quattordicenni che vagavano nei bagni bianchi della scuola.
Hanno continuato ad esserlo e io le rivedo, come fosse ieri, stessi occhi, stesso sorriso, un mondo di sogni e obiettivi ancora da sfoggiare.
Sono la mia nota positiva di quel periodo, un modo per affrontare quel mondo, così crudo, con la curva delle labbra in su.

Sono la dimostrazione che avere un cervello è una figata stratosferica.

Anche adesso, dopo tanti anni, sono le due giovani donne che mi fanno credere che tutto sia possibile, come essere rassicurate, come guardarsi allo specchio e vedersi ancora con il cerotto al naso.




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